Franco Colombo

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I cambiamenti climatici e la desertificazione in Sicilia

di Franco COLOMBO

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Un seminario sulla desertificazione in Sicilia deve sottolineare cosa significa il termine desertificazione e dove esso si applica. La desertificazione non è semplicemente il processo di degradazione del suolo o di deterioramento delle condizioni naturali ed ecologiche in qualche regione o nazione. La desertificazione è definita dal modo in cui l’impatto umano può produrre condizioni simili al deserto nelle aree non naturali. Ciò è possibile solo dove le regioni sono collocate in zone climatiche che sono caratterizzate da un definito grado di aridità climatica. In Europa questo è il solo caso dei paesi con clima mediterraneo e con sufficiente aridità estiva. Le aree maggiormente a rischio comprendono la penisola Iberica, in meridione d’Italia e la Grecia. E’ stato a partire dalla clamorosa siccità avvenuta nella fascia del Sahel, tra il 1968 e il 1974, che provocò oltre duecentomila morti, che il problema della desertificazione, presente non solo in Africa, si piazzò drammaticamente davanti agli occhi di tutti. I primi a parlare di desertificazione sono forse stati i Sumeri, che descrivono nei loro documenti, con impressionante attualità, gli effetti dell’avanzata del deserto. Al giorno d’oggi questa avanzata pone in Africa il 73 per cento del territorio nella categorie di terre già trasformate in deserto o minacciate di diventarlo in breve tempo. Secondo il Worldwatch Institute si perdono ogni anno 24 miliardi di tonnellate di terreno coltivabile. Il fenomeno è particolarmente acuto in Africa ma esso interessa l’Asia,l’America latina e i Caraibi, e, con una qualche sorpresa per noi italiani, anche i paesi del Mediterraneo settentrionale. Ci scopriamo dunque paese direttamente coinvolto, o meglio colpito, dalla desertificazione, un po’ come lo sono il Niger o la Mongolia, pur essendo un paese sviluppato. Questo carica l’Italia di un duplice impegno. Da una parte cooperare con le nazioni meno ricche per combattere la desertificazione e dall’altra adottare le appropriate misure interne per affrontare il progressivo espandersi della degradazione dei terreni. In Italia il fenomeno interessa alcune aree del meridione dove, anche se l’impatto non è lo stesso di quello registrato nelle regioni aride africane, la perdita di produttività del territorio comincia ad avere rilevanza economica, sociale ed ambientale. Il fenomeno è tanto più preoccupante se si considera che alla perdita di produttività del terreno concorrono altri fattori quali l’inquinamento dei suoli, la salinizzazione delle falde e l’erosione superficiale.Del resto, per rendersi conto di quanto l’Italia presenti in modo sempre più preoccupante le caratteristiche di un paese in via di desertificazione, basta pensare a quelle zone dell’Italia meridionale, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna dove la millenaria azione del pascolo ovino e caprino ha reso le colline coperte da una bassa e rada vegetazione di piante aromatiche, resistenti al pascolo, ultimo baluardo contro la completa asportazione e polverizzazione del suolo. Fra le cause della desertificazione di un’area, i cambiamenti climatici assumono un ruolo determinante. Ma quali sono la cause che possono provocare un cambiamento climatico? In realtà il clima di una località non è qualcosa di fisso ed invariabile, ma esso è in continua evoluzione. Con l’inizio della rivoluzione industriale, sono state immesse nell’atmosfera quantità di anidride carbonica via via crescenti. Questo ha provocato un generale innalzamento della temperatura media del pianeta, a causa dell’ormai ben noto effetto serra. L’effetto serra è un fenomeno naturale senza il quale la vita sulla terra non sarebbe possibile. Infatti la temperatura media di una terra senza atmosfera o con un atmosfera priva di gas serra, sarebbe di -18°C. Tuttavia, un eccessiva immissione di anidride carbonica nell’atmosfera, provocherebbe un riscaldamento del pianeta, le cui conseguenze sulla vita stessa dell’uomo potrebbero rivelarsi disastrose. Basti pensare agli effetti dell’innalzamento del livello medio del mare, dovuto allo scioglimento delle calotte polari. I principali gas che provocano l’effetto serra sono l’anidride carbonica, il metano, i clorofluorocarburi e gli ossidi di azoto. La combustione di carbone, petrolio e derivati e gas naturali, immette nell’atmosfera circa 6 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. La deforestazione contribuisce per 1-2 miliardi di tonnellate mediante un duplice meccanismo: l’incedio delle foreste provoca immissione diretta di CO2, mentre la mancanza stessa degli alberi limita l’assorbimento naturale di CO2 per fotosintesi. I livelli di anidride carbonica nell’atmosfera sono passati da 280 ppm del 1750 agli attuali 355 pp, con un incremento del 30%; nello stesso periodo le pratiche industriali ed agricole hanno fatto aumentare i livelli di altri potenti gas-serra: la concentrazione di metano è più che raddoppiata, e i livelli di ossidi di azoto aumentati di oltre il 15%. Questi gas hanno un periodo di persistenza nell’atmosfera variabile da alcune decine a centinaia di anni, per cui le emissioni di oggi, avranno effetti sul clima del 21 secolo. La percentuale di gas-serra nell’atmosfera cresce al ritmo dell’1% all’anno. Inoltre, da millenni, c’è una chiara correlazione fra livelli di CO2 e temperatura del pianeta. I livelli attuali di CO2 sono i più alti degli ultimi 160 mila anni ed oltremodo se le emissioni dovessero continuare ai ritmi attuali per tutto il prossimo secolo, si raggiungerebbero valori mai visti negli ultimi 50 milioni di anni. La temperatura media del pianeta viene misurata e registrata dal 1880 da una rete di stazioni terrestri e oceaniche. Negli ultimi cento anni la temperatura media della Terra è aumentata di circa mezzo grado. Gli undici anni più caldi di questo secolo si sono verificati dopo il 1980 mentre il 1995 è in assoluto l’anno più caldo. Ma quali saranno gli effetti di tale riscaldamento? In una terra più calda, sarà più veloce il ciclo idrologico ovvero il processo di scambio di acqua tra oceano, terra ed atmosfera. Più alte temperature causeranno una maggiore evaporazione, per cui i suoli tenderanno a seccarsi più rapidamente. Maggiori quantità di acqua disponibile nell’atmosfera significa anche più precipitazioni. I segnali di quanto appena detto sono già stati misurati: negli stati uniti le precipitazioni sono aumentate del 6% mentre la frequenza delle precipitazioni violente e dei fenomeni intensi è aumentata del 20%. Tutto ciò significa che le precipitazioni (anche se in quantità maggiori) saranno concentrate in pochi eventi di maggiore intensità. Questo oltre a provocare disastri, molto spesso anche a causa del delicato equilibrio geologico del nostro territorio, avrà un’azione desertificante sul territorio, in quanto l’effetto del ruscellamento dell’acqua in superficie, impoverisce il suolo delle sostanze organiche. Purtroppo eventi come quelli accaduti nel 1991 in Sicilia o nel 1998 a Sarno in Campania, diventeranno sempre più frequenti. Tenendo conto della previsioni climatiche della temperatura, ottenute dal modello dinamico del Goddard Institute for SpaceStudy (GISS) della NASA, sono stati preparati alcuni scenari climatici per la Sicilia intorno al 2010 ed intorno al 2030. Tali scenari sono basati su due semplici indici semiempirici:l’indice di DE MARTONNE, che concerne le condizioni di aridità e l’indice di CROWTHER che riguarda un bilancio fra precipitazione ed evaporazione ed è anch’esso, quindi, attinente alle condizioni di aridità. I risultati ottenuti, visibili nelle ultime diapositive della presentazione, mostrano una Sicilia drammaticamente avviata a divenire sempre più arida.

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