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La
scienza del tempo
Corso di Meteorologia Multimediale (3° Livello)
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Il fronte
polare :struttura
termica e campo del vento
Il fronte polare come superficie di discontinuità
Il
fronte polare è il confine che separa masse d'aria di diversa origine,
caratterizzate da distinte proprietà fisiche; usualmente si considerano le
discontinuità nella densità, nella temperatura nel vapor d'acqua e nel
vento. Se lo strato di transizione tra le masse d' aria è
sufficientemente sottile, il fronte può essere approssimato ad una vera
e propria superficie di discontinuità, ad esempio nella temperatura, e
definito come una superficie di discontinuità di "ordine
zero" (figura 1a).
Fig1 distribuzione delle isoterme in una
sezione verticale, in prossimità di una discontinuità frontale
di ordine zero (a); strato frontale con discontinuità nel
gradiente di temperatura in corrispondenza delle sue superfici
superiore e inferiore (b) - Tratta da Palmen- Newton |
Nell’
atmosfera reale, tuttavia, il confine che divide masse d' aria con
differenti proprietà non è mai, almeno nella sua interezza, una vera
superficie di discontinuità. La distribuzione della temperatura è
piuttosto quella della figura 1b, dove due superfici separano lo strato
frontale, di larghezza definita, dalle masse d'aria al di fuori di esso.
Tali superfici, poichè in loro corrispondenza la densità e la
temperatura dell'aria sono continue mentre è discontinuo il loro
gradiente, possono essere considerate superfici di discontinuità del
"primo ordine",
La struttura
dell'Atmosfera vicino al fronte
Il modello di
fronte polare, inteso come strato di Transizione, può essere utilizzato
per descrivere gli aspetti generali del campo del vento e della
temperatura nelle vicinanze del fronte stesso e le relazioni che
intercorrono fra essi. La figura 2, dovuta a Berggren (1), mostra una
sezione verticale, in forma idealizzata, di un fronte polare ben
sviluppato attraverso tutto lo spessore della troposfera e della
stratosfera più bassa. Il fronte è rappresentato come uno strato
continuo che si estende con una determinata pendenza attraverso la
troposfera, diviene verticale al livello del vento massimo e si estende,
infine, con pendenza invertita nella stratosfera, ove gradualmente
svanisce.
Fig.2 Isoterme in °C (linee tratteggiate) e
isotache (linee continue) in metri al secondo in prossimità del
fronte polare. Le linee spesse rappresentano la tropopause ed i
limiti dello strato frontale. - Tratta da Palmen -
Newton |
Il vantaggio di
tale interpretazione, rispetto ai primi modelli del fronte polare, sta
nel fatto che il fronte stesso separa, in tale rappresentazione, sia l'
aria troposferica calda e stratosferica fredda della massa d'aria sulla
destra della figura 2, che l'aria troposferica fredda e stratosferica
calda della massa d’aria a sinistra. Questo modello rappresenta quindi
una estensione del concetto di massa d'aria alla bassa stratosfera. Sia
nella troposfera che nella stratosfera l'inclinazione del fronte è tale
che l'aria calda è sempre sovrapposta all'aria fredda; laddove il
gradiente orizzontale di temperatura scompare, il fronte diviene
verticale. A questo livello, ove non è applicabile la definizione
usuale di discontinuità, si utilizza la definizione di fronte, quale
regione ove maggiore è lo shear ciclonico del vento orizzontale.
Quest'ultima definizione è senz'altro più generale ed applicabile a
tutti i livelli.
Nonostante la
baroclinicità più forte si riscontri nello strato frontale, è
tuttavia molto forte anche la baroclinicità delle masse d'aria calda e
fredda localizzate sopra e sotto tale strato. Tali masse d'aria
risultano più barocline di quelle rimosse dal fronte stesso. In tal
senso, approssimativamente tra i punti A e B delle figura 2, si
riscontra una considerevole baroclinicità nella maggior parte della
troposfera. Una zona di tal genere, che si estende più o meno
verticalmente entro i confini descritti dal fronte polare, è stata
definita da Scherhag (2) "Zona frontale".
E’ evidente
che il getto deve essere localizzato in qualche luogo nelle vicinanze
della parte centrale della zona frontale definita da Sherag. In tale
zona, oltre alla pronunciata baroclinicità del fronte, c'è l'effetto
di una moderata baroclinicità entro la massa d'aria adiacente, che
integrata attraverso gli strati sopra e sotto il fronte stesso,dà luogo
ad un intenso vento termico.
In media l'asse
del getto si trova, come rilevò Palmèn (3), vicino all'intersezione
dello strato frontale con la superficie 500 hPa. Poichè il fronte
polare in questo livello è caratterizzato da una banda di numerose
isoterme, la configurazione approssimata del getto del fronte polare può
essere generalmente rilevata sulla topografia 500 hPa.
Si può anche
notare che la baroclinicità cambia generalmente segno entro l'aria
calda nell'alta troposfera, così che il vento più forte è
frequentemente rilevato circa un chilometro sotto la tropopausa come si
rileva nella figura 2. La improvvisa caduta di vento avviene più
frequentemente appena sotto la tropopausa, dove si osserva la più forte
baroclinicità invertita.
Campo termico
in corrispondenza del Fronte Polare
La
struttura delle perturbazioni è molto complessa e notevoli possono
essere le differenze che si riscontrano tra un caso e l' altro. Può,
dunque, essere utile una descrizione schematica delle principali
caratteristiche di una perturbazione, quale quella rappresentata nella
figura 3.
Fig.3 In (a) vista in pianta di un onda
frontale nella media troposfera e distribuzione delle isoterme
intervallate di 4°C; in (b) il fronte, la tropopausa, le isoterme
e il getto polare in una sezione verticale meridiana da N a S .
Tratta da Palmen - Newton |
Nella figura 3
(a) è mostrata la struttura termica di un'onda perturbata sul fronte
polare nella media troposfera (ad esempio a 500 hPa). Per semplicità si
è considerato un campo termico orientato simmetricamente, all'incirca
da N a S. Nella zona frontale è evidente il tipico infittimento delle
isoterme e, esternamente ad essa, il caratteristico campo baroclino.
Nella parte b. della figura 3 è schematizzata la distribuzione della
temperatura in una sezione praticata lungo l'asse N-S . Nella figura 4
(a) sono prese in considerazione tre sezioni, A-A, B-B e C-C e nelle
parti b., c., d. è schematizzata la distribuzione della temperatura
lungo tali sezioni. Nelle sezioni delle figure 3 e 4 è messa in
evidenza la posizione del nucleo del getto, salvo che nella sezione C-C,
in quanto quest'ultima è a Sud del nucleo del getto stesso.
Fig.4 In (a) vista in pianta di un'onda
frontale come nella figura precedente; in (b) (c) e (d) sezioni
verticali zonali rispettivamente lungo A-A, B-B e C-C; per
semplicità l'onda è stata supposta simmetrica. Le isoterme in
sezione sono intervallate di 10°C. Tratta da Palmen -
Newton |
Lo strato
frontale nelle parti b. delle figure 3 e 4.,nelle vicinanze della
tropopausa, è costruito in accordo con lo schema di Berggren della
figura 2. In entrambe le sezioni appare la caratteristica rottura nella
tropopausa; si distinguono, infatti, due tropopause: quella dell'aria
polare e quella dell'aria più calda.
Ancora più a
sud (parti c. e d. della figura 4) le sezioni sono ormai interamente
fuori della influenza
dell'aria più fredda. La tropopausa qui appare come una linea continua
con una depressione in corrispondenza dell'asse di saccatura e con una
posizione più elevata in corrispondenza dei promontori caldi, in
entrambi i lati della saccatura fredda.
(1)
Roy Berggrenn idrometeorologo, nato l’11 aprile 1922 a Gothenburg
(Svezia). Laureato ad Uppsala ha lavorato all’istituto Meteorologico e
ldrologico svedese ed è stato membro della Commissione nazionale per la
geodesia e geofisica della Società Geofisica svedese.
(2)
Richard Theodor Anton Scherhag meteorologo tedesco, nato il 29 settembre
1907 a Dusseldorf. Ha ricoperto importanti incarichi presso Istituti e
Università tedesche, ad Amburgo, Berlino e Potsdam.
(3)
Erik Herbert Palmèn, famoso meteorologo svedese, nato a Vaasa il 31
agosto 1898, morto il 19 marzo 1985. Ottenne il dottorato in
meteorologia nel 1927 all'Università di Helsinki dove lavorò
lungamente, prima come ricercatore e poi come direttore e titolare della
cattedra di meteorologia. Fondamentali i suoi studi sulla circolazione
generale dell'atmosfera, sulla struttura dei cicloni extratropicali e
sulle correnti a getto.
BIBLIOGRAFIA Brunetti-Cacciola
Riv. Meteorologia Aeronautica A.57 N1-2 |
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