L’analisi dei segnali climatici: le wavelets (I Parte)Cap. Franco Colombo
Premessa La maggior parte dei segnali naturali non sono stazionari e contengono componenti transitorie che eccitano un ampio intervallo di frequenze in un piccolo intervallo di tempo. Sembra che la classica analisi di Fourier non sia adeguata per il trattamento di questi segnali, dato che tutte le informazioni sulla localizzazione temporale di una data frequenza vengono perse nel processo analitico. Questo portò innanzitutto all’analisi spettrale con finestre mobili (Berger et al., 1990; Yiou et al., 1991; Birchfield e Ghil, 1993) e successivamente a rappresentazioni tempo-frequenza più elaborate, cioè, le trasformate wavelet. Le analisi wavelet furono utilizzate per la prima
volta in modo indipendente nella fisica da A. Grossmann, in geofisica da
Morlet e in matematica da Y. Meyer. La
loro popolarità nel campo dell’elaborazione dei dati è dovuta in gran
parte al lavoro di S. Mallat sulla analisi di immagini digitali (Mallat,
1989). Sono state utilizzate
nell’analisi della turbolenza bi-dimensionale (Farge e Rabreau, 1988),
nella meteorologia (Gao e Li, 1993; Meyers et al., 1993) e nella
paleoclimatologia (Bolton et al., 1995; Yiou et al., 1996).
Le applicazioni delle trasformate wavelet
sono state esaminate in modo approfondito da Grossmann et al.
(1989) e Farge (1992). Le
basi matematiche si trovano in Meyer (1989). Scopo della prima parte di questo articolo vuole
essere quello di illustrare, seppur nelle sue linee essenziali, il metodo
di analisi wavelet e la sua evoluzione nel tempo. Nella seconda parte
dell’articolo, attualmente in fase di elaborazione, si descriveranno le
applicazioni possibili su una serie temporale di dati meteorologici. Introduzione
Per capire l’origine di qualsiasi segnale
naturale è necessario analizzarlo. Così i tremori sismici, la voce
umana, le vibrazioni di un motore, le immagini mediche, i dati finanziari,
la musica, la temperatura e molti altri tipi di segnali naturali, hanno
molto spesso bisogno di essere efficientemente codificati, compressi,
ripuliti, ricostruiti, descritti, semplificati, modellati, distinti o
localizzati. Le wavelet rappresentano un nuovo e promettente set di
strumenti di analisi che permette di fare tutto ciò. L’analisi di Fourier
Per poter analizzare un qualsiasi segnale naturale,
esistono un’enorme quantità di strumenti matematici e tecniche di
analisi. La più conosciuta ed utilizzata e sicuramente
l’analisi di Fourier, la quale decompone il segnale in costituenti
sinusoidali di differenti frequenze. Essa consente quindi di vedere il
nostro segnale non più nel dominio del tempo ma nel dominio delle
frequenze.
Quando è molto importante la ricerca del contenuto in frequenza di un segnale,l’analisi di Fourier risulta estremamente utile. Tuttavia essa presenta una grave inconveniente:
durante la trasformazione nel dominio della frequenza, l’informazione
nel dominio del tempo viene completamente persa. Quando osserviamo la
trasformata di Fourier di un segnale, è impossibile dire quando un
particolare evento si sia verificato. Se un segnale non cambia molto nel tempo, ovvero se
stiamo analizzando un segnale cosiddetto “stazionario”, tale
inconveniente non è molto importante. La gran parte dei segnali fisici, in modo particolare
quelli meteorologici, contengono numerose caratteristiche “non
stazionarie” o transitorie: derive, trend, repentini cambiamenti etc..
Queste caratteristiche rappresentano spesso la parte più importante del
segnale e l’analisi di Fourier non è in grado di evidenziarle. Short-Time Fourier Analysis Un passo decisivo per tentare di colmare questa carenza, fu fatto da Dennis Gabor
(1946) il quale adattò la trasformata di Fourier per analizzare solo una
piccola porzione di segnale alla volta,
tecnica chiamata “finestramento” del segnale.
L’adattamento di Gabor, chiamato “Short-Time Fourier Transform”
(STFT), rappresenta un segnale in una funzione bidimensionale del tempo e
della frequenza.
La STFT rappresenta una sorta di compromesso
tra una rappresentazione del segnale basata sul tempo e sulla frequenza.
Essa fornisce informazioni riguardo a “quando” e a “quali
frequenze” un evento presente sul segnale analizzato si sia verificato.
La precisione con cui è possibile ottenere queste informazioni è
comunque limitata e dipende dalle dimensioni della “finestra”. Mentre il compromesso della STFT tra informazione nel
dominio del tempo e della frequenze può risultare utile, lo svantaggio di
questa tecnica è che una volta scelta una particolare dimensione della
finestra, essa rimane la stessa per tutte le frequenze presenti. Molti
segnali per poter essere meglio analizzati, richiedono un approccio più
flessibile in cui sia possibile variare le dimensioni della “finestra”
allo scopo di determinare più accuratamente sia
il tempo che la frequenza. L’analisi Wavelet
L’analisi wavelet rappresenta il passo logico successivo: una tecnica di finestramento con dimensioni variabili. Le analisi wavelet permettono di usare un intervallo di tempo lungo se vogliamo ricavare dal segnale più informazioni sul suo contenuto di basse frequenze, e piccoli intervalli se vogliamo indagare sulle alte frequenze. La figura mette a confronto i vari modi di rappresentazione dei segnali basate sul domini del tempo (Shannon), sul dominio delle frequenze (Fourier), STFT e Wavelet.
Notare come l’analisi wavelet non utilizza gli assi tempo-frequenza, ma tempo-scala. Sul concetto di scala si ritornerà in seguito. Storia delle wavelet
Dal punto di vista storico, l’analisi wavelet è un metodo
relativamente nuovo, anche se il suo sviluppo matematico è da far
risalire al lavoro di Joseph Fourier nel 19° secolo. Fourier pose le
fondamenta con la sua teoria dell’analisi di frequenza, la quale si è
dimostrata essere estremamente importante e influente. L’attenzione dei ricercatori si è andata spostando dalle analisi
basate sulla frequenza, alle analisi basate su scala, via via che
diventava chiaro che un approccio basato sulla misura media delle
fluttuazioni a differenti scale, risultava meno sensibile al rumore. La parola “wavelet” compare per la prima volta nel 1909, in una tesi
di Alfred Haar. Il concetto di wavelet, nella sua attuale formulazione, è stato
proposto per la prima volta da Jean Morlet
al Centro di Fisica Teorica di Marsiglia in Francia. Il metodo dell’analisi wavelet è stato sviluppato soprattutto grazie
a Y. Meyer e al suo team che hanno anche contribuito alla sua diffusione.
Il principale algoritmo si può far risalire al lavoro di Stephane Mallat
nel 1988. Da allora, il metodo è diventato oggetto di studio a livello
internazionale e le sue applicazioni coinvolgono moltissimi settori. Utilità delle wavelet
Uno dei maggiori vantaggi offerti dall’analisi wavelet è di permettere analisi locali ovvero la possibilità di analizzare una singola porzione di un segnale molto lungo. Consideriamo ad esempio un segnale sinusoidale che contenga una piccola discontinuità talmente piccola da non essere facilmente individuabile.
L’analisi di Fourier di un tale segnale non mostrerebbe niente di significativo: uno spettro piatto con i due picchi rappresentanti la singola frequenza.
Viceversa, analizzando lo stesso segnale mediante wavelet, non solo viene messa in evidenza la discontinuità presente nel segnale, ma la stessa viene temporalmente localizzata. L’analisi wavelet è quindi in grado di rivelare alcuni aspetti del segnale che altre tecniche di analisi non consentono, quali ad esempio trend, punti di discontinuità etc..Inoltre offrendo una visione dei dati diversa da quella consentita dai metodi tradizionali, l’analisi wavelet permette di comprimere o ripulire da rumore qualsiasi segnale, senza alcun apprezzabile decadimento. Le wavelet, nella loro pur breve storia nel campo dell’analisi dei segnali, hanno già dato prova di essere un ulteriore potente strumento a disposizione degli analisti. Che cos’è un’analisi wavelet ?
Adesso che conosciamo meglio le possibilità offerte dalle wavelet, la questione successiva riguarda la comprensione di che cosa sia una analisi wavelet ad ancora più fondamentale che cosa sia una wavelet. Una wavelet è una forma d’onda di durata limitata e che ha un valore medio uguale a zero. Confrontando wavelet e sinusoidi (ricordo che queste ultime sono la base dell’analisi di Fourier) emergono chiaramente le seguenti differenze: la sinusoide non ha una durata limitata (essa infatti va da meno infinito a più infinito) è regolare e prevedibile mentre la wavelet è temporalmente finita e tende ad essere irregolare e assimetrica.
L’analisi di Fourier consiste nel decomporre un segnale in sinusoidi di diverse frequenze. Similarmente l’analisi wavelet decompone il segnale in versioni shiftate e scalate della wavelet originale (o onda madre). Osservando la figura si può intuitivamente capire come i segnali che contengono irregolarità possono essere analizzati meglio facendo ricorso ad una wavelet di forma irregolare piuttosto che ad una sinusoide regolare. La trasformata wavelet continua
Dal punto di vista matematico, l’analisi di Fourier è rappresentata per mezzo della trasformata di Fourier: F(w) = che rappresenta la somma del segnale f(t) moltiplicato per un esponenziale complesso (quest’ultimo può essere scomposto in una componente sinusoidale reale e una complessa) lungo tutto l’intervallo di tempo. Il risultato della
trasformata soni i coefficienti di Fourier
F(w)
, che
moltiplicati per una sinusoide di frequenza w , danno le
costituenti sinusoidali del segnale originale. Possiamo rappresentare tale
processo in maniera grafica come in figura:
Allo stesso modo, la trasformata wavelet continua (CWT) è definita come
la somma, lungo tutto l’intervallo di tempo, del segnale moltiplicato
per la versione shiftata e scalata della funzione wavelet Y : C(scale, position)
=
Y(scale,
position, t) d(t) Il risultato della CWT sono i coefficienti C , che sono una funzione della scala e della posizione. Moltiplicando ciascun coefficiente per l’appropriata wavelet scalata e shiftata, si ottengono i costituenti wavelet del segnale originale:
Scalamento
Abbiamo già visto che l’analisi wavelet produce un grafico
tempo-scala del segnale. Vediamo adesso cosa s’intende per scala e
scalamento e per shifting. Scalare una wavelet significa semplicemente comprimerla: per meglio
comprendere ciò introduciamo il fattore
di scala indicato con la
lettera a .
Nel caso di una sinusoide l’effetto del fattore di scala è facilmente
visibile:
Il fattore di scala agisce esattamente allo stesso modo con le wavelet.
Più piccolo è il fattore di scala, più compressa è la wavelet.
Dalle figure risulta chiaro che per una sinusoide sin(wt), il fattore di scala a
è correlato inversamente alla frequenza w.
Similarmente, nell’analisi wavelet la scala è correlata alla frequenza
del segnale. Torneremo successivamente su questo punto. Shifting
Shiftare una wavelet significa semplicemente spostarla lungo l’asse
del tempo (ritardarla o anticiparla). Matematicamente, shiftare una
funzione f(t) di k
significa avere f(t-k).
Cinque semplici punti per
capire meglio la trasformata continua wavelet
Abbiamo definito sopra la trasformata wavelet continua (CWT) come la
somma, lungo tutto l’intervallo di tempo, del segnale moltiplicato per
la versione shiftata e scalata della funzione wavelet Y . Tale processo crea i coefficienti wavelet che sono una funzione della
scala e della posizione. Il processo è realmente semplice. Di seguito
esso viene descritto in cinque semplici punti: 1.
scegliere una wavelet e compararla ad una sezione iniziale del
segnale originale che vogliamo analizzare. 2.
Calcolare un numero C, che rappresenta la correlazione tra la
wavelet e la sezione del segnale. Più grande è C, più sono simili
wavelet e sezione del segnale. Da notare che il risultato dipenderà dalla
forma della wavelet che abbiamo scelto.
3.
Shiftare la wavelet lungo l’asse del tempo e ripetere i punti 1 e
2 fino a coprire l’intero segnale.
4.
Scalare la wavelet e ripetere i passi da 1 a 3.
5.
Ripetere i passi da 1 a 4 per tutte le scale.
Una volta eseguite le operazioni di cui sopra, si otterranno i
coefficienti prodotti a differenti scale, dalle diverse sezioni del
segnale. I coefficienti non sono altro che il risultato di una regressione del segnale originale, ottenuta mediante le
wavelet. Ma come dare un senso a questi coefficienti? Realizzando un
grafico in cui l’asse x rappresenta la posizione lungo il segnale
(tempo), l’asse y rappresenta la scala e il colore di ciascun punto di
coordinata x,y rappresenta la magnitudo del coefficiente C della wavelet.
In figura un grafico generato plottando questi coefficienti.
Questa figura assomiglia molto ad una superficie ondulata vista
dall’alto. Se si sposta il punto di osservazione, la stessa immagine avrà
questa forma.
I grafici ottenuti mediante la trasformata wavelet continua, sono
esattamente una visione tempo-scala del segnale stesso. Scala e frequenza
Notare nel grafico riportato in precedenza, come la scala va da 1 a 31.
Si ricorda che a valori elevati della scala corrispondono wavelet
più “allungate” e che più queste ultime sono allungate, più lunga
è la porzione di segnale con cui esse vengono comparate.
Esiste quindi una corrispondenza tra la scala delle wavelet e la
frequenza : -
Bassi valori di scala => Wavelet compresse => maggiore
dettaglio per i cambiamenti rapidi => Alte frequenze w -
Alti valori di scala => Wavelet allungate => dettaglio
scarso, caratteristiche principali => basse frequenze w. E’ importante comprendere che il fatto che l’analisi wavelet non
produca una visione tempo- frequenza del segnale non rappresenta un punto
debole della tecnica, bensì il suo punto di forza. Non solo il grafico tempo – scala è un modo differente di vedere i
dati, ma esso risulta molto naturale e di facile comprensione. Consideriamo un panorama lunare, la cui superficie
(simulata in figura) sia il risultato di centinaia di bombardamenti
di meteoriti le cui dimensioni variano da bolidi giganteschi a particelle
di povere. Se immaginiamo la sezione di questa superficie come un segnale, allora
è ragionevole pensare che tale segnale abbia componenti di scala
differente, le grandi cavità dovute all’impatto di grandi meteoriti e
le piccole caratteristiche dovute all’azione abrasiva di piccoli
meteoriti e polveri. Questo e un tipico caso in cui pensare in termini di scala ha più senso
che pensare in termini di frequenza. Osservando il grafico dei
coefficienti CWT di tale segnale, emergono caratteristiche particolari che
mostrano la possibile natura frattale del segnale. Benchè quello appena
visto fosse un segnale artificiale, molti fenomeni naturali, si prestano
molto bene ad essere analizzati dalle wavelet. Bibliografia
Berger A.L., Mèlice J.L. and Van der Mersch I., 1990 “Evolutive spectral
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wavelet analysis in oceanography and meteorology: with application to the
dispersion of Yanai waves”, Mon. Wea. Rev. 121, pag. 2858-2866. Yiou P., Baert E. and Loutre M.F., 1996, “Spectral analysis of
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